CITAZIONE (pv @ 26/2/2005, 19:50) |
Non mi e' mai piaciuta tanto......... |
Prova a leggere questo romanzo pv, nelle prime pagine c'è una descrizione entusiasmante di un dipinto fiammingo di Pieter Van Huys. E' una descrizione anche tecnica, fatta da una restauratrice - la protagonista - basteranno quelle due paginette a farti vedere la pittura fiamminga sotto una luce nuova.
Questo è un commento al libro che ho trovato in un sito di scacchi:
ASSASSINIO NELLA TAVOLA FIAMMINGAIl poliziesco classico, all'Agatha Christie o all'Ellery Queen, per intenderci, è il genere meno frequentato nell'universo del giallo contemporaneo. Perché funzioni devono infatti verificarsi alcune situazioni che non sembrano essere apprezzate dal pubblico d'oggi come lo erano negli anni 30 o 40. Il canone di questi romanzi esige una società chiusa, così che l'autore di un omicidio appartenga ad una schiera limitata di personaggi, tutti intimamente legati tra loro e tutti sospettati (o sospettabili) dal detective che, grazie agli indizi raccolti ed alle sue deduzioni logiche, è in grado di sciogliere il mistero.
Ci voleva, insomma, un bel coraggio per tentare di rinverdire la fortuna del romanzo-enigma alla Van Dine.
Ad accettare la sfida è stato un giornalista televisivo spagnolo, giunto peraltro al suo quinto romanzo, Arturo Perez-Reverte, di cui Bompiani ha da poco pubblicato nella collana Noir l'unico suo romanzo tradotto in italiano: LA TAVOLA FIAMMINGA. Da questa storia avvincente è stato tratto peraltro il nuovo film del regista Jim Mc Bride, "The Flemish Board", noto ai più come l'autore de " All'ultimo respiro " interpretato da Richard Gere, remake di " A bout de souffle " del grande Jean-luc Godard, con J.Paul Belmondo e l'indimenticabile Jean Seberg.
Ebbene, vi garantisco che è una bella sensazione imbattersi in un libro che non sbrodola, non annoia, ed alla fine ti fa mestamente dire: peccato, è finito.
Siamo nell' universo del libro come mezzo per passare qualche ora di svago, quelle che la massa dei giovani italiani sprecano, per la gran parte, davanti ad assurdità televisive.
Se passassero qualche ora a leggere questo romanzo si divertirebbero di più, e scoprirebbero così anche gli scacchi, universo sfaccettato più d'un diamante, usato dallo scrittore in modo fascinoso. Si tratta d'un pregevolissimo giallo-noir che si muove su diversi piani, ma il centro dell'universo è questa tavola dipinta ad olio nel 1471 dal fiammingo Pieter Van Huys.
Il romanzo si inserisce prepotentemente, per inciso, in quella che ormai possiamo definire, per noi scacchisti, una felice "tradizione" iniziatasi con "Il re degli scacchi" di Acheng (Theoria), proseguita con "Il gioco del prigioniero" di Calcagno (Rizzoli) e culminata lo scorso anno con lo straordinario successo da best seller de "La variante di Luneburg" di Paolo Maurensig (Adelphi).
Cinque secoli dopo esser stata dipinta, la tavola giunge alle cure d'una giovane restauratrice, Julia, che scopre, all'esame della luce nera della lampada di Wood, una scritta nascosta nel quadro, coeva, ma ricoperta di pittura, come per timore, dall'artista: "Quis necavit equitem", e nella mano d'uno dei giocatori si vede infatti un cavallo appena catturato. Potrebbe così intendersi , in gergo scacchistico, "chi ha mangiato il cavallo". Oppure: "chi ha ucciso il cavaliere". E non potrebbe essere tutte e due le cose? Cioè la partita non potrebbe essere lo specchio esatto della realtà? Sembra quindi che il quadro rappresenti in modo ambiguo un assassinio e la domanda ha una doppia valenza, la prima interpretazione potendo dare la chiave della seconda.
Amici, si può giocare a scacchi con qualcuno morto 500 anni prima?
La risposta sta appunto nell'originalissima trama, che non vi racconterò, con cui si sviluppa il romanzo, partendo dalla posizione della partita sulla scacchiera raffigurata nel quadro. E c'è tanto di diagramma, inizialmente addirittura con una interessante "analisi retrogada", fatta da quello che potremmo definire il co-protagonista della vicenda, un campione di scacchi scovato nel circolo locale. Ovviamente la soluzione è sorprendente, e, anche se dobbiamo pur dire che da un punto di vista tecnico ed alla sensibilità d'un esperto scacchista, la sequenza di mosse si sviluppa in maniera abbastanza banale, bisogna pur tener conto che la priorità assoluta deve essere della trama e le mosse devono assoggettarsi ad essa. E perlomeno qui ci sono, e, contrariamente al fortunatissimo La variante di Luneburg, se mi posso permettere, l'autore ha il coraggio di porle in bella evidenza.
Una volta tanto debbo dire con estremo piacere che la traduzione, anche nei non facili termini scacchistici, è assolutamente perfetta, merito di Ilide Carmignani, che dagli appassionati del gioco meriterebbe un premio per la accuratezza, la documentazione e la precisione linguistica.
La prosa dell'autore è poi scorrevole e senza indesiderabili excursus. Non si tratta d'un narrare macabro e nemmeno serrato, vi si respira il ritmo equilibrato e scandito della partita a scacchi, della sfida, sempre più febbrile, tra passato e presente, tra reale e fantastico.
Grazie Perez-Reverte, grazie Carmignani, grazie Bompiani.